Essere comunità nella fragilità: un anno di servizio in Ghana

Di Annalisa, Antonio, Ester e Sara (servizio civile 2021-2022)

8 settembre 2021, finalmente mettiamo piede in quella che una volta veniva chiamata Costa d’oro. “Akwaaba” benvenuti in Ghana. Siamo Annalisa, Antonio, Ester e Sara e qui svolgeremo il nostro anno di Servizio Civile. Il primo incontro con un  guanelliano in Africa è con il nigeriano Padre Emmanuel Johnson (direttore del St. Theresa Vocational Centre all’epoca) che ci accoglie all’uscita dell’aeroporto nella caotica Accra. Viaggiamo su un furgone della polizia italiana anni ’80, accompagnati da un odore che è un connubio di cacao e smog, 3 ore di strada verso est destinazione Abor, nella regione del Volta.

Giungiamo al St. Theresa Vocational School, scuola professionale di livello secondario, che ospita circa 200 studenti. È stata istituita nel 1989 con lo scopo di consentire ai buoni figli, ragazzi affetti da disabilità fisica e mentale, un’adeguata educazione e formazione professionale, al fine di essere inseriti nella società. Grazie alla campagna vaccinale e al miglioramento delle condizioni sanitarie l’incidenza dei casi di poliomielite e di altre patologie disabilitanti ha subito una drastica riduzione in Ghana, di conseguenza i buoni figli all’interno della scuola attualmente sono solo 14. Al giorno d’oggi l’istituto accoglie principalmente giovani con situazioni famigliari ed economiche fragili.

Nonostante le difficoltà quotidiane, la volontà caritatevole dei guanelliani permette agli allievi di raggiungere i propri risultati accademici per avere un certificato utile per il mondo del lavoro. L’istituto, infatti, dovrebbe garantire una formazione tale da permettere agli studenti di diventare un giorno sarti, calzolai, tipografi ed elettricisti, purtroppo ciò che notiamo è che i mezzi disponibili sono limitati ed obsoleti e la struttura e gli interni appaiono in avanzato stato di deterioramento.

Quello che ci sorprende maggiormente è come questi ragazzi siano capaci di adattarsi e di svolgere le loro attività anche con i pochi mezzi a loro disposizione. La povertà economica è una realtà in questo luogo, ma le famiglie, grazie alla loro forza di determinazione e spirito di sacrificio, trovano le risorse necessarie per garantire un’educazione adeguata e un futuro ai loro figli. Giorno dopo giorno gli studenti concentrano le loro energie e il loro entusiasmo nell’imparare la pratica del mestiere che hanno scelto. Di certo ci appaiono come instancabili lavoratori, non si risparmiano anche nelle attività legate alla gestione della casa dove risiedono. Puliscono e si prendono cura degli alloggi e degli spazi comuni, aiutando anche nella coltivazione dei campi. Come una grande famiglia assolvono ai loro compiti, rispettando la gerarchia e il duro regolamento.

Efua (come stai), Yavu (bianco) e molti sorrisi, questo è il modo che ha il popolo Ewe di accogliere gli stranieri ad Abor. “Thank God” grazie a Dio, sono le parole che sentiamo spesso nelle conversazioni con i ghanesi. L’incontro tra le molteplici religioni nel Paese ha portato il popolo ad utilizzare la parola “Dio” in ogni momento della vita. Ciò che si nota spesso è lo stretto collegamento tra vita quotidiana e fede, su ogni veicolo che si rispetti deve esserci un adesivo raffigurante Gesù, e nel 97% (attenzione tali dati statistici non sono ufficiali) delle insegne dei negozi compare la parola “God” o similari. Poiché proveniamo da un contesto dove la fede nei giovani sta diminuendo, arrivare in una realtà piena di religiosità ha rappresentato per noi uno shock culturale molto forte.

Essere comunità non è solo la vita all’interno della scuola con gli studenti, ma è anche la nostra quotidianità con la famiglia guanelliana. Il responsabile e direttore, Padre Paul Ogene, da gennaio si occupa dell’istituto e insieme agli altri Padri si prende cura dei ragazzi e di noi volontari. Ogni giorno i confratelli cercano di trasmettere i principi della fede cattolica e lo spirito guanelliano ad ogni persona presente nella comunità e nella scuola, sebbene la maggior parte di loro aderiscano ad altre professioni di fede. Le difficoltà ci sono, ma quello che non manca è l’accoglienza e la disponibilità, soprattutto verso coloro che sono a rischio di esclusione, non solo per cause economiche ma anche sociali, culturali e relazionali.

La missione dei guanelliani qui ad Abor è quella di provare a costruire un futuro su misura per i ragazzi delle comunità più svantaggiate poiché, riprendendo gli insegnamenti di Don Guanella, l’educazione è una strada che l’umanità intera può percorrere ed è una possibilità effettiva di crescita che va offerta a tutti, perché tutti possano camminare verso la propria realizzazione, anche chi è più in difficoltà, ma ha comunque la fortuna di esistere come persona umana e di essere destinato alla pienezza della vita.

Scopri QUI il progetto che la Fondazione sta realizzando in Ghana.